Donne al Lavoro in Italia

Donne al Lavoro in Italia: tra conquiste silenziose e disparità persistenti

La strada verso la parità reale

Un quadro impietoso ma necessario emerge dal recente Rendiconto di Genere dell’INPS: in Italia, le donne continuano a navigare in un mercato del lavoro irto di ostacoli, dove le conquiste, seppur presenti, sono spesso offuscate da divari radicati e da un soffitto di cristallo ancora troppo spesso.

I numeri parlano chiaro e delineano una realtà complessa, che va oltre la semplice statistica per toccare le vite, le aspirazioni e le carriere di milioni di donne nel nostro Paese.

Il 2023 ci consegna un tasso di occupazione femminile fermo al 52,5%, un abisso rispetto al 70,4% maschile. Un gap di quasi 18 punti percentuali che suona come un campanello d’allarme, amplificato dal fatto che solo il 42,3% delle nuove assunzioni riguarda personale femminile.

Instabilità e part-time: compagni di viaggio indesiderati

Non si tratta solo di esserci, ma di come esserci. L’instabilità occupazionale sembra avere una predilezione per il genere femminile: appena il 18% delle assunzioni di donne si traduce in un contratto a tempo indeterminato, contro il 22,6% degli uomini. E quando il contratto c’è, spesso è a tempo parziale.

Ben il 64,4% delle lavoratrici con contratto part-time sono donne, e un dato ancor più amaro è che il part-time involontario – quello non scelto ma subito – è prevalentemente femminile (15,6% contro il 5,1% maschile). Una flessibilità che, troppo spesso, si traduce in precarietà.

Il portafoglio piange: il persistente gender pay gap

La disparità non si ferma alla porta dell’ufficio, ma si insinua direttamente nelle buste paga. Le donne, a parità di ruolo o settore, percepiscono stipendi inferiori di oltre venti punti percentuali. Un divario che si fa sentire in modo marcato in settori chiave:

  • Attività manifatturiere: -20%
  • Commercio: -23,7%
  • Servizi di alloggio e ristorazione: -16,3%
  • Attività finanziarie, assicurative e servizi alle imprese: un vertiginoso -32,1%

E se l’istruzione è un faro di speranza, con le donne che nel 2023 superano gli uomini sia tra i diplomati (52,6%) che tra i laureati (59,9%), questa eccellenza formativa fatica a tradursi in posizioni di vertice.

Appena il 21,1% dei dirigenti è donna, e solo il 32,4% dei quadri appartiene al genere femminile. Un paradosso che grida la necessità di un cambiamento culturale e strutturale.

Il peso invisibile del lavoro di cura

Dietro questi numeri, c’è spesso il peso preponderante del lavoro di cura, ancora largamente sulle spalle femminili. Nel 2023, 14,4 milioni di giornate di congedo parentale sono state utilizzate dalle donne, contro appena 2,1 milioni dagli uomini. Un fardello che si scontra con un’offerta di asili nido ancora insufficiente, con poche regioni virtuose che si avvicinano all’obiettivo europeo.

Violenza e pensioni: echi di una vita di svantaggi

Il Rendiconto INPS tocca anche nervi scoperti come l’aumento delle denunce per violenza di genere, un problema sociale che si intreccia con la vulnerabilità economica. E quando arriva il momento della pensione, le disparità accumulate durante la vita lavorativa presentano il conto: sebbene le donne siano più numerose tra i beneficiari, gli importi medi delle loro pensioni di anzianità/anticipate e di invalidità nel settore privato sono inferiori rispettivamente del 25,5% e del 32% rispetto agli uomini. Per le pensioni di vecchiaia, il divario raggiunge un drammatico 44,1%. La difficoltà a raggiungere i requisiti contributivi per la pensione anticipata, a causa di carriere discontinue, è un’ulteriore prova.

Una sfida corale per un futuro di equità

Come sottolinea Roberto Ghiselli, Presidente del Consiglio di Indirizzo e Vigilanza dell’INPS, affrontare queste discriminazioni richiede un intervento su più fronti: dal mercato del lavoro ai modelli organizzativi, dalla rete dei servizi alla dimensione familiare e culturale.

I timidi passi avanti registrati non bastano. È necessaria una presa di coscienza collettiva e un impegno sinergico da parte di istituzioni, politica e società civile. Rimuovere gli ostacoli che impediscono una piena parità di genere non è solo una questione di giustizia sociale, ma una leva fondamentale per la crescita e il benessere dell’intero Paese.

La strada è ancora lunga, ma i dati ci forniscono la mappa per capire dove intervenire con urgenza e determinazione. Perché il talento, le competenze e il contributo delle donne sono risorse preziose che l’Italia non può più permettersi di sottovalutare.