Gianna Martinengo

Gianna Martinengo, il futuro non si subisce: si costruisce, insieme

Incipit

I dati riportati dall’ultimo Rendiconto di Genere dell’INPS, febbraio 2025, rilevati nel 2023, dicono che la situazione occupazionale delle donne in Italia è certamente in miglioramento, ma ancora molto critica rispetto alla media dei paesi europei (52% occupazione donne, 70% occupazione uomini, divario di genere del 18%).

Come riporta l’ISTAT (dati 2023) c’è un gender gap soprattutto nel settore digitale, sia come competenze che come tasso di occupazione, soprattutto riguardo alle donne over 40 anni.

Donne con meno competenze digitali degli uomini, lo svantaggio è di 3,1 punti percentuali; bassa quota nelle professioni ICT (solo il 15,7%) e sotto la media Ue; le laureate in materie ICT sono solo lo 0,3% contro l’1,2% degli uomini. La presenza femminile nel settore è ancora modesta, stando al quadro tracciato dall’Istat nell’ultimo report ‘Decennio digitale e capitale umano: il ritardo dell’Italia nelle competenze’ riferito al 2023.

Al fatto che l’Italia, per competenze nel settore si collochi 10 punti sotto la media europea, si aggiunge dunque il divario di genere, che permane nonostante la volontà dell’Europa di ridurlo. La stessa Europa chiede di investire di più nelle politiche a favore delle donne in questo campo, investimento che, peraltro, sarebbe molto conveniente, anche nell’ottica di colmare il mismatch.

Secondo un rapporto McKinsey del 2022 si stima che se l’Europa potesse raddoppiare la quota di donne nella forza lavoro tecnologica portandola a circa il 45%, ovvero circa 3,9 milioni di donne in più entro il 2027, sempre secondo McKinsey, potrebbe colmare questo divario di talenti e beneficiare di un aumento del Pil compreso tra 260 e 600 miliardi di euro. (Sole 24 ore)

Come commenta Gianna Martinengo (Fondatrice e Presidente di DKTS, Digital Knowledge Technologies Services Inspired by users, driven by science) questi dati relativi all’occupazione delle donne nel settore digitale in Italia

I dati confermano ciò che da anni osserviamo sul campo: il divario di genere nel settore digitale resta profondo e strutturale. In qualità di CEO di Didael KTS e fondatrice di Women&Tech® ETS, da oltre vent’anni mi occupo di progettare interventi per sostenere il lavoro femminile, con un’attenzione particolare all’evoluzione delle competenze digitali. Oggi più che mai, è chiaro che non si tratta solo di colmare un gap numerico, ma di abilitare le donne a partecipare attivamente ai processi di innovazione, affinché la trasformazione digitale sia realmente inclusiva e sostenibile.

Pensa che progetti finalizzati al sostegno della formazione nelle materie STEM e dell’occupazione nel settore ICT delle donne siano utili e in quale misura?

Sì, sono fondamentali, ma devono essere costruiti su una visione sistemica. In Women&Tech® ETS abbiamo sviluppato numerosi progetti che uniscono formazione, empowerment e orientamento, perché sappiamo che l’accesso a conoscenze tecniche non basta: occorre anche un cambiamento culturale. Attraverso Didael KTS, portiamo avanti da anni programmi che integrano strumenti digitali, mentoring e affiancamento personalizzato. Solo così è possibile creare percorsi duraturi e incisivi, soprattutto per le donne che si trovano in condizioni di svantaggio.

Progetti come Digitale e Prossimità sono fondamentali perché uniscono competenze tecniche e supporto relazionale, coinvolgendo anche chi vive in condizioni di fragilità. Crediamo che il digitale possa essere una leva di emancipazione e libertà. Ma per esserlo davvero, deve includere tutte.

Quali strategie e politiche possono migliorare il coinvolgimento delle donne, particolarmente se in situazione di marginalità (es. background migratorio, difficoltà socio-economica, disabilità e malattia), nella formazione digitale, anche più specialistica?

Credo che l’elemento chiave sia la prossimità: significa avvicinare le tecnologie alle persone, nei contesti in cui vivono e lavorano. È necessario sostenere progetti e i percorsi di apprendimento integrato nati all’interno che tengono conto delle difficoltà logistiche, economiche e culturali. Occorre investire in ambienti ibridi, in cui l’inclusione non sia un’eccezione ma la regola: tutoraggio, accessibilità, flessibilità, e soprattutto ascolto attivo delle esigenze reali.

Quali strategie e politiche possono migliorare il tasso di occupazione femminile nel settore tecnologico?

Il cambiamento passa attraverso una combinazione di misure: incentivi per le imprese virtuose, revisione dei modelli educativi, politiche attive del lavoro orientate all’innovazione, ma anche il superamento degli stereotipi. Bisogna lavorare per valorizzare i talenti femminili in contesta tecnologici, con premi, testimonianze, campagne di comunicazione e role model capaci di ispirare. Nelle imprese e nelle istituzioni è necessario sviluppare ambienti di lavoro che permettano alle donne di esprimere appieno le proprie potenzialità, conciliando vita e lavoro, aggiornamento e crescita.

Quale messaggio vorrebbe dare alle giovani donne che si affacciano al mondo del lavoro?

In più di vent’anni di attività ho imparato che la tecnologia, se ben guidata, può essere un potente strumento di emancipazione. Alle giovani donne dico: non abbiate paura di entrare in mondi che sembrano chiusi. Siate curiose, flessibili, appassionate. Scegliete percorsi che vi rappresentino, anche se non convenzionali. E ricordate: la vostra voce conta. La trasformazione digitale ha bisogno del vostro sguardo, delle vostre competenze, della vostra intelligenza emotiva e sociale. Il futuro non si subisce: si costruisce, insieme.