Barbara Falcomer

Barbara Falcomer, l’unione fa la forza, le STEM fanno il futuro

Incipit

I dati riportati dall’ultimo Rendiconto di Genere dell’INPS, febbraio 2025, rilevati nel 2023, dicono che la situazione occupazionale delle donne in Italia è certamente in miglioramento, ma ancora molto critica rispetto alla media dei paesi europei (52% occupazione donne, 70% occupazione uomini, divario di genere del 18%).

Come riporta l’ISTAT (dati 2023) c’è un gender gap soprattutto nel settore digitale, sia come competenze che come tasso di occupazione, soprattutto riguardo alle donne over 40 anni.

Donne con meno competenze digitali degli uomini, lo svantaggio è di 3,1 punti percentuali; bassa quota nelle professioni ICT (solo il 15,7%) e sotto la media Ue; le laureate in materie ICT sono solo lo 0,3% contro l’1,2% degli uomini. La presenza femminile nel settore è ancora modesta, stando al quadro tracciato dall’Istat nell’ultimo report ‘Decennio digitale e capitale umano: il ritardo dell’Italia nelle competenze’ riferito al 2023.

Al fatto che l’Italia, per competenze nel settore si collochi 10 punti sotto la media europea, si aggiunge dunque il divario di genere, che permane nonostante la volontà dell’Europa di ridurlo. La stessa Europa chiede di investire di più nelle politiche a favore delle donne in questo campo, investimento che, peraltro, sarebbe molto conveniente, anche nell’ottica di colmare il mismatch.

Secondo un rapporto McKinsey del 2022 si stima che se l’Europa potesse raddoppiare la quota di donne nella forza lavoro tecnologica portandola a circa il 45%, ovvero circa 3,9 milioni di donne in più entro il 2027, sempre secondo McKinsey, potrebbe colmare questo divario di talenti e beneficiare di un aumento del Pil compreso tra 260 e 600 miliardi di euro. (Sole 24 ore)

Come commenta Barbara Falcomer (direttrice generale Valore D) questi dati relativi all’occupazione delle donne nel settore digitale in Italia

I dati sono chiari: il percorso verso la parità di genere in ambito tecnologico e digitale è ancora lungo. Il divario tra uomini e donne è significativo, sia in termini di accesso alla formazione sia di inserimento e rappresentanza nel mondo del lavoro.

Sebbene le donne rappresentino oltre il 60% dei laureati in Italia (dati AlmaLaurea 2023), sono ancora poche le ragazze che scelgono un indirizzo di studi nelle discipline STEM. Nel 2023, solo il 19,2% delle laureate ha conseguito un titolo in una materia STEM, a fronte del 40,7% degli uomini. Questo squilibrio evidenzia una significativa dispersione di competenze che potrebbero risultare decisive per la competitività del nostro Paese.

Molte donne, infatti, ancora oggi finiscono in occupazioni tradizionali influenzate da stereotipi legati ai ruoli di cura e domestici: lavori meno retribuiti, con minore qualificazione e scarse prospettive di carriera. Promuovere l’accesso femminile alle carriere STEM significherebbe ridurre il divario di genere in settori strategici, destinati a offrire sempre più opportunità occupazionali. Oltre a rappresentare una leva per la parità, si tratta anche di una questione economica: come abbiamo visto, secondo McKinsey, colmare il gap di genere in ambito tecnologico potrebbe generare un impatto positivo sul PIL. Attualmente, nelle aziende europee, solo il 22% dei ruoli tech è ricoperto da donne, e si stima che entro il 2027 mancheranno tra 1,4 e 3,9 milioni di professionisti tech nei Paesi UE. Per l’Italia, è una sfida urgente. Il nostro Paese è infatti 10 punti sotto la media europea per quanto riguarda le competenze digitali. Senza un intervento sistemico e strutturale, rischiamo di restare indietro nella trasformazione tecnologica in atto.

Pensa che progetti finalizzati al sostegno della formazione nelle materie STEM e dell’occupazione nel settore ICT delle donne siano utili e in quale misura?

Sì, questi progetti non sono solo utili, ma assolutamente necessari. È fondamentale che le donne abbiano pieno accesso alle competenze che sono già oggi determinanti e che lo saranno ancora di più in futuro. Il vero rischio, se non si interviene in modo mirato, è che le donne continuino a essere sottorappresentate nei settori tecnologici e scientifici, rimanendo escluse dai lavori del futuro e senza reali progressi nella riduzione del gender gap.

L’ambito STEM rappresenta un bacino ricco di opportunità, ma perché queste opportunità siano realmente inclusive è essenziale che le donne possano esserne protagoniste. La formazione, in questo contesto, è una leva di autonomia e occupabilità.

È necessario agire su più piani e con visione di lungo periodo per colmare il divario di genere in ambito tecnologico e scientifico, evitando che le donne restino ai margini dei lavori del futuro.

Da un lato, serve un cambiamento culturale profondo, che inizi sin dall’infanzia: è fondamentale offrire alle bambine nuovi modelli femminili di riferimento e orientare le ragazze verso percorsi di studio tecnico-scientifici. È questo l’obiettivo di progetti come Inspiring Girls, promosso in Italia da Valore D, che porta nelle scuole medie role model femminili impegnate in professioni diverse, con l’intento di ampliare gli orizzonti delle più giovani. Attraverso l’indagine #ValoreD4STEM, condotta da Valore D su 61 aziende italiane, abbiamo visto infatti che oltre il 62% delle professioniste STEM aveva già mostrato interesse per queste materie in età scolastica, e che per il 20% l’influenza positiva di un docente è stata determinante nel suscitare questa passione.

Dall’altro, è cruciale investire in percorsi di skilling, upskilling e reskilling, che offrano a tutte – anche a chi è fuori dal mercato del lavoro – la possibilità di acquisire o aggiornare competenze digitali e tecnologiche, in settori chiave come intelligenza artificiale, big data e robotica. Servono programmi mirati, flessibili e accompagnati da mentoring, in particolare per le donne in transizione o con responsabilità di cura. Ma tutto questo non può funzionare senza il coinvolgimento diretto delle imprese: solo attraverso una collaborazione con il tessuto produttivo è possibile costruire percorsi formativi realmente allineati ai bisogni del mercato e in grado di generare occupazione stabile e qualificata.

Quali strategie e politiche possono migliorare il coinvolgimento delle donne, particolarmente se in situazione di marginalità, nella formazione digitale anche più specialistica?

Per le donne, la distanza dal digitale è spesso culturale, economica e sociale. Servono politiche di prossimità, che ricostruiscano fiducia, rendano l’accesso possibile e valorizzino le potenzialità individuali.

Un primo passo essenziale è la rimozione degli ostacoli pratici. La copertura dei costi, la disponibilità di dispositivi digitali, servizi di babysitting e programmazione di corsi in orari compatibili con i tempi di cura: non sono benefit aggiuntivi, ma condizioni abilitanti per una reale partecipazione.

Altro elemento chiave è la vicinanza territoriale: i percorsi formativi devono essere portati nei luoghi frequentati quotidianamente dalle persone – centri civici, scuole, associazioni di quartiere – e realizzati in collaborazione con soggetti che hanno già una relazione di fiducia con le donne a cui ci si rivolge.

Il mentoring e la presenza di role model accessibili sono altre leve decisive. Vedere donne con background simili, che sono riuscite a costruire percorsi professionali nel digitale, ha un effetto trasformativo: alimenta la motivazione, abbatte stereotipi e rafforza il senso di possibilità.

Un esempio concreto è DIGITHER, il progetto promosso da Valore D in collaborazione con Generation Italy, che nel corso dello scorso anno ha formato 150 giovani donne tra i 18 e i 35 anni disoccupate e inoccupate (o occupate in una condizione lavorativa non soddisfacente) in ambito digitale, con l’obiettivo di accompagnarle verso nuove opportunità professionali e una piena inclusione nel mondo del lavoro. Solo con un approccio integrato, che unisca accessibilità, prossimità, supporto relazionale e concretezza degli sbocchi occupazionali, si può davvero promuovere una partecipazione equa e sostenibile delle donne al futuro digitale.

Quali strategie e politiche possono migliorare il tasso di occupazione femminile nel settore tecnologico?

Il miglioramento del tasso di occupazione femminile nel settore tecnologico non riguarda solo l’accesso delle donne, ma anche la loro permanenza e crescita all’interno delle aziende. Per creare un ecosistema favorevole, è necessario adottare politiche e strategie che agiscano su più fronti.

In primo luogo, le imprese possono essere incentivate a assumere donne nel settore tech tramite sgravi fiscali mirati, formazione sul campo e premi per chi investe attivamente nella diversità. Questi incentivi non solo favoriscono l’ingresso delle donne nel settore, ma contribuiscono anche a una loro integrazione efficace in ruoli tecnici, dove sono spesso sottorappresentate.

In secondo luogo, è fondamentale valorizzare le professioniste già attive nel settore STEM. Per colmare la carenza di risorse, è essenziale riconoscere e supportare le donne che occupano già posizioni tecniche e scientifiche, prestando attenzione alla qualità del loro percorso professionale. Dall’indagine ValoreD4Stem condotta nel 2021 su oltre 7.000 donne STEM, è emerso che molte di non si sentono adeguatamente valorizzate nel loro ruolo, soprattutto le donne over 40 e le madri. Questi gruppi, in particolare, segnalano una scarsa attenzione alla loro crescita e un senso di frustrazione legato alla mancanza di supporto nelle fasi più critiche della carriera. Inoltre, le donne STEM si trovano spesso a dover affrontare difficoltà nel conciliare vita privata e professionale, specialmente quando sono alle prime fasi di costruzione della loro carriera. Questo fenomeno porta ad un alto tasso di abbandono delle aspirazioni di carriera, soprattutto nei ruoli tecnico-scientifici.

In terzo luogo, è importante promuovere una cultura inclusiva nei luoghi di lavoro. Le aziende devono adottare misure concrete per combattere gli stereotipi di genere e le micro-discriminazioni che spesso spingono le donne a lasciare il settore, in particolare nei ruoli più tecnici. Creare un ambiente di lavoro inclusivo è essenziale per garantire che le donne si sentano rispettate, supportate e motivati a proseguire nella loro carriera.

Infine, le aziende dovrebbero monitorare e rendere pubblici i dati relativi al gender gap, in particolare nelle aree STEM e digitali. La trasparenza in questo ambito permette di comprendere l’efficacia delle politiche adottate e stimola le imprese a migliorare costantemente le proprie pratiche di inclusione e pari opportunità. In sintesi, un approccio globale che includa incentivi economici, il supporto alla valorizzazione delle competenze, la promozione di una cultura inclusiva e il monitoraggio costante dei progressi è essenziale per migliorare il tasso di occupazione femminile nel settore tecnologico. Solo attraverso un impegno concreto e condiviso tra istituzioni, aziende e professioniste sarà possibile ridurre il gender gap e garantire che le donne non solo accedano al settore tecnologico, ma vi prosperino, raggiungendo ruoli di leadership e contribuendo alla crescita e all’innovazione del settore.

Quale messaggio vorrebbe dare alle giovani donne che si affacciano al mondo del lavoro?

Il mio messaggio alle giovani donne è di non avere paura di seguire le proprie passioni e di credere nelle proprie capacità, contemporaneamente le esorterei a studiare e prepararsi su tecnologia e digitale. Tutti i lavori in futuro avranno una dimensione tecnologica, chi non avrà questo tipo di competenze rimarrà ai margini.  Oggi più che mai, le opportunità sono molteplici, e il mondo del lavoro ha bisogno di diversità di pensiero, creatività e innovazione, tutte qualità che le donne sono in grado di offrire, e saper utilizzare la tecnologia è un acceleratore formidabile.

È importante non lasciarsi scoraggiare dalle difficoltà iniziali, cercare sempre di crescere e imparare, e di costruire una rete di supporto che aiuti ad affrontare le sfide. Le donne hanno una grande capacità di adattamento, resilienza e leadership, tutte risorse che possono fare la differenza in qualsiasi campo professionale. Le discipline STEM, in particolare, sono un’area di enorme potenziale, con infinite opportunità per chi desidera essere parte del cambiamento e dell’innovazione. Per questo, è fondamentale collaborare e creare opportunità di crescita condivisa, affrontando insieme le sfide che abbiamo di fronte. Come diciamo spesso in Valore D: L’unione fa la forza, le STEM fanno il futuro.